STOP all’esenzione IMU per le seconde case

 


Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione ha precisato che, per l’esenzione IMU, l’immobile deve risultare come “dimora abituale della famiglia”,

non è sufficiente la residenza di uno dei familiari che, comunemente, vive presso altra abitazione assieme al coniuge o ai genitori.

Viene data quindi ragione alle amministrazioni locali che pretendono il versamento IMU sulle residenze turistiche (e non solo) intestate a familiari residenti che, in effetti, residenti non sono.

APPROFONDIMENTO: Corte di Cassazione, ordinanza n. 28534/2020

 

La diffusa consuetudine di intestare le seconde case a moglie e figli per usufruire delle agevola- zioni previste per l’abitazione principale è una pratica molto frequente.

In questo modo non solo si evitano importanti tassazioni sull’acquisto ma si raggira il pagamento dell’IMU.

 

E’ una questione annosa che interessa diverse amministrazioni comunali, soprattutto quelle dei comuni turistici dove la presenza di seconde abitazioni è sicuramente predominante.

La caccia a questi “furbetti” per tali amministrazioni è una battaglia che negli anni si è dimostrata molto difficoltosa e le Commissioni Tributarie territoriali, chiamate a redimere i contenziosi, non sempre hanno deciso in maniera univoca e conforme.

 

Ora, sulla questione, è intervenuta la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 28534 del 15 dicembre 2020.

 

La Suprema Corte, infatti, precisa che, ai fini della spettanza delle detrazioni e riduzioni dell’imposta previste per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo, non basta che il coniuge abbia trasferito la propria residenza

nel comune in cui l’immobile è situato ma occorre che in tale immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi (ad estensione, anche dei figli conviventi)

E’ pur vero che l’art. 144 cod. civ. prevede che i coniugi possano avere esigenze diverse ai fini della residenza individuale e possano fissare altrove quella della famiglia, ma ciò che assume rilevanza, per beneficiare delle agevolazioni fiscali,

non è la residenza dei singoli coniugi bensì quella della famiglia medesima (già in precedenza Cass. n. 18096/2019).

 

Ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica) occorre che il contribuente provi che

l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo.

 

In buona sostanza, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’esenzione IMU spetta un’unica volta ed è relativa all’abitazione in cui la famiglia ha stabilito la propria abituale dimora anche se, ad esempio per ragione lavorative,

uno dei coniugi ha trasferito la propria residenza in altro immobile di proprietà.

Ora sta ai Comuni far valere le proprie ragioni, da una parte, ed ai proprietari degli immobili, dall’altra, attenersi ad un comportamento fiscale più rispondente ai richiami giurisprudenziali

 

Continueremo a tenervi informati

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